I PRIMI PASSI PER LA RINASCITA DI CASSINO NEL DOPOGUERRA

«Studi Cassinati», anno 2024, n. 2

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Gian Mimì Fargnoli*

È difficile riconoscere l’autore della rinascita di Cassino: merito indiscusso è di tutti i cassinati. La ferocia della guerra si era accanita tanto da cancellare Cassino, ma la volontà e la tenacia dei cassinati hanno permesso alla nostra città il ritorno alla vita, nonostante i numerosi e difficili ostacoli iniziali.

Quando, nel 1945, tomai a Cassino con i miei, io ero un bambino di appena sei anni ma ho ancora vivo il ricordo della penosa situazione: non esistevano strade, la città era ormai un mare di macerie nelle quali si ergeva (quasi un miracolo!) il primo palazzo costruito in fretta dall’INCIS per offrire ospitalità a persone utili alla ricostruzione.

Gli appartamenti del palazzo INCIS vennero, pertanto, assegnati a: Suore della Carità, Ing. De Santis, direttore del Genio Civile, Ing. Bologna, capo dell’ufficio tecnico del Comune, Notaio Petrarcone, i medici Nicola Giangrande e Germano Masia, Roberto Matronola funzionario del Banco di Santo Spirito, farmacista Fermando Masia, gli insegnanti Di Zenzo e Selmi, avv. Giuseppe Margiotta, molto attento alle problematiche comunali, Rag. Antonio Varlese, funzionario del Genio Civile, Rag. Farina, ragioniere del Comune, Signora D’Aguanno, dattilografa del Comune, la mia famiglia.

Le Suore di Carità avevano già organizzato nel piccolo appartamento una scuola elementare che io frequentai dalla prima alla quinta classe.

Si era costituita un’Amministrazione Comunale composta dal Sindaco don Gaetano Di Biasio; dagli assessori: avv. Giuseppe Margiotta, avv. Tancredi Grossi, avv. Luigino Colella, uomini disponibili fino allo stremo.

Numerosi i problemi da risolvere nell’immediato, tra i grandi: la salute, fortemente minacciata dalla malaria, la viabilità, il ripristino delle attività lavorative, l’istruzione.

Il giovane e dinamico dott. Mario Alberico si interessò dei problemi lavorativi tenendo, tra l’altro, contatti con l’Abate Idelfonso Rea per la collocazione di lavoratori necessari nella ricostruzione dell’Abbazia.

A mio padre che, oltre ad essere medico, era anche titolare della cattedra di Scienze Naturali al Liceo di Cassino, fu dato mandato di riaprire il «Giosuè Carducci», come incaricato Preside.

Il ritorno allo studio presentò non poche difficoltà e mio padre era sempre in tensione, ovunque cercava aiuti per ottenere almeno l’indispensabile per iniziare.

Un accorato appello lanciato agli italiani tramite un articolo pubblicato su un giornale nazionale ebbe buon esito perché dal Nord vennero inviati dei banchi mentre le lavagne, fatte non di ardesia ma con cartone tinto di nero, furono preparate e donate da un generoso operaio siciliano, il Sig. Bellomo, giunto a Cassino per ragioni di lavoro.

Alcuni validi professionisti del luogo e precisamente gli avvocati Giuseppe Margiotta e Guido Varlese, l’ingegnere Angelo Turcano, il commercialista Giuseppe Di Zenzo si offrirono come docenti; poco dopo, appena gli fu permesso rinunciare a un prestigioso istituto di Roma, arrivò anche il prof. Pietro Malatesta, ottimo docente di materie classiche.

Problema impellente restava quello della malaria che imperversava anche nella scuola ma papà, non dimentico di essere medico, cercò di combatterla nei modi possibili: chiese ed ottenne dalla POA una minestrina che veniva preparata su un tripode posto tra le macerie davanti alla scuola sì da ottenere una colazione che gli studenti prendevano per proteggere l’ambiente gastrico dall’aggressione dell’atebrina, medicinale antimalarico più potente del chinino.

Non posso chiudere questo mio ricordo senza inviare un caloroso grazie a tutti i cassinati e, in particolare, a quelli che sono tornati subito dopo gli eventi bellici ed hanno preso viva parte alla ricostruzione della nostra amata città, noncuranti dei numerosi ostacoli che allora si presentavano.

* Ripreso da «L’Inchiesta», sabato 8 – domenica 9 marzo 2014, a. V, n. 48.

Giuseppe Fargnoli (30 giugno 1882 – 14 aprile 1950)  
Nato a S. Andrea del Garigliano (allora S. Andrea Vallefredda), si laureò in medicina. Iniziò la sua attività professionale come medico del lavoro per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato e medico condotto a Roccadevandro. Terminata la Prima guerra mondiale, dove aveva operato da ufficiale medico sul Carso, mentre si recava a Camino a visitare degli ammalati, una fortuita caduta da cavallo lo portò alla scoperta di un fossile (Leptolepis Sprattiformis). Lo studiò attentamente, lo catalogò e lo donò al Museo di Paleontologia di Napoli dove è tutt’ora visibile. Conseguì una seconda laurea in Scienze Naturali e dal 1925 si dedicò all’insegnamento come titolare di cattedra nel Liceo classico di Cassino. Durante la guerra sfollò con la sua famiglia a Fiuggi. Nel dopoguerra, data la sua padronanza dell’inglese, collaborò con il «Fronte» un giornale americano ma anche con «La Voce di Cassino» e «Il Rapido». Nel 1945 fu incaricato dal provveditore agli Studi di Frosinone, Guido Mestica, di riattivare il Liceo classico in quei frangenti operante ad Alvito. Nonostante la penuria di immobili riuscì a ottenere del sindaco Di Biasio alcuni locali ubicati in Via Pascoli dove tornò a operare il Liceo-ginnasio (cfr. G. Petrucci, Giuseppe Fargnoli l’artefice della rinascita culturale di Cassino nel dopoguerra, in «Studi Cassinati», a. III, n. 1, gennaio-marzo 2003, pp. 10-17).

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